sabato 29 marzo 2014

IV DOMENICA DI QUARESIMA


Andò, si lavò e tornò che ci vedeva.


+Dal Vangelo secondo Giovanni  Santi di oggi

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita; sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Parola del Signore

Omelia

Vedenti e capaci di larghe vedute

Anche la luce, come l'acqua, è sinonimo ed elemento di vita. La luminosità è effettivamente fautrice e garanzia di ogni sistema vitale e in un ecosistema nel quale non vi sia energia solare difficilmente la vita prenderebbe forma. la pedagogia di Gesù Figlio di Dio a questo riguardo è ben nota: Egli, come via, verità e vita, è la luce del mondo, il cui riflesso viene emanato da quanti, cioè noi, si fanno latori ad altri di codesta luminosità.
L'intervento di Gesù su questo giovane non vedente che tale è sin dalla nascita assume però un carattere del tutto particolare inerentemente alla connessione luce/vita perché ci introduce negli ambiti di novità che Dio Padre apporta nelle parole e nelle opere di Gesù: il Regno di Dio, del quale ogni uomo è destinatario e di cui beneficiano soprattutto i peccatori e gli emarginati. Come nel caso della Samaritana, anche per il cieco nato si prospetta la novità di vita e di salvezza e anche in questo caso essa ha valore universale e valica i confini e i pregiudizi umani propriamente detti.
Nell'intervento benefico di Gesù, che appone terra mista a saliva sugli occhi dello sventurato non vedente che è tale fin dalla nascita, si raggiunge un duplice obiettivo, o meglio Gesù dimostra quale debbano essere i veri obiettivi: non solamente guarire fisicamente un infermo da un disturbo fisico faticoso, ma anche superare quelle vetuste e vacue congetture, fino ad allora vigenti, di malattia connessa al peccato: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio". La malattia è una realtà misteriosa che reca smarrimento e sofferenza; è uno dei morbi che la nostra società è tenuta a combattere con tutti i mezzi e non sarà mai abbastanza qualsiasi sforzo per arginarla come pure non basteranno tutti quegli atti necessari di solidarietà e di condivisione verso gli ammalati. Come conciliare il dolore e la malattia con la realtà di un Dio giusto e misericordioso, capace di tutto a vantaggio dell'uomo, proclive anche verso i malati. Noi rispondiamo associando l'infermità al patimento di Cristo sulla croce, che è sempre redentivo e di salvezza, e il dolore fisico di ogni uomo è condivisione con tale sofferenza del Dio crocifisso. Nel proprio dolore, l'ammalato contribuisce alla missione di riscatto dei peccati propri e di quelli dell'umanità e già questo è un rendersi solidali e partecipi con il mondo intero nella configurazione della propria sofferenza con quella di Cristo. Soffrire per soffrire non è mai utile e in certi casi diventa anche deleterio. Ma accettare il dolore e la sofferenza in ragione della croce è contribuire alla redenzione e alla salvezza del mondo. Già in questo si evincono le opere di Dio: nel completare i patimenti di Cristo con la croce del suo Figlio. Del resto, come potrebbe palesarsi la misericordia divina se non esistessero situazioni di grave infermità fisica? Come potrebbe Dio mostrarsi onnipotente e Amore se non vi fossero le occasioni di esternare tale misericordia e solidarietà nel dolore? Come nel caso dell'intero libro di Giobbe, nel quale finalmente si sciolgono dubbi ed enigmi sulla permissione divina del male, anche nel caso di Gesù luce del mondo la malattia non è sinonimo di colpa ma diventa occasione di amore e di misericordia.
E in tal caso essa diventa anche occasione di luce perenne e di vita eterna. In effetti che Gesù conceda la vista materiale a questo malcapitato cieco nato, seppure sarà per lui un dono e un vantaggio per il quale essere grato, non costituisce poi un grande favore: se uno è nato non vedente, al recupero della vista dovrà faticare non poco nella distinzione degli oggetti alla percezione sensoriale dei colori e delle immagini. un conto è guarire una cecità acquisita nel tempo, altro è guarire una cecità innata. Nel primo caso si effettua un vero e proprio miracolo per il quale esultare, nel secondo caso si realizza un prodigio certamente piacevole e di grande utilità, ma esso comporterà anche non poche difficoltà.
La verità è che Gesù realizza questo prodigio per proporre se stesso luce del mondo e perché l'uomo acquisisca e viva sempre nella luce che rischiara le tenebre. La luce che illumina ogni uomo rende anche capaci di vista e anzi di larghe vedute, a condizione che si abbandonino i pregiudizi e i parametri umani di giudizio per accogliere e far propri i criteri di Dio che non guarda alle apparenze bensì al cuore dell'uomo.
C'è chi si ostina a non vedere nonostante la luminosità preferendo continuare a brancolare nel buio del peccato e del pregiudizio, come nel caso di tanti e tali farisei e scribi che negando l'evidenza delle grandi opere di Dio sogliono processare e condannare chi ha ottenuto la luce vera pur di non dischiudere essi stessi i propri occhi, ma Gesù non si stanca di renderci capaci di giudizio sano e di retta visione. Egli ci vuole non soltanto uomini vedenti, ma anche di larghe vedute, capaci di superare barriere personali di presunzione e di falso orgoglio per giungere all'obiettivo della conversione e della comunione con lui per la riedificazione del mondo.


domenica 23 marzo 2014

III DOMENICA DI QUARESIMA

Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna.

Forma breve: Gv 4, 5-15.19b-26.39a.40-42


+ Dal Vangelo secondo Giovanni   Santi di oggi

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua. Vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».
Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».
Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui. E quando giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Parola del Signore


Omelia 

Pozzi per non morire di sete  padre Gian Franco Scarpitta

Le circostanze nelle quali si parla di "acqua" nella Bibbia sono molteplici e di varia natura, tutte riguardanti il prezioso liquido materiale al quale si ricorre per appagare la sete fisica. Accanto al senso materiale, l'acqua assume però quasi sempre, nella Scrittura, un significato di profonda spiritualità: essa estingue infatti accanto alla sete materiale anche il desiderio e l'ansia umana di infinito, la volontà di elevazione personale e di ricerca della felicità, la vocazione alla realizzazione. Vi è infatti una sete materiale immediata, ma anche un'aspirazione fondamentale di esistenziale ricerca, insomma una sete inconsapevole di Dio.
Cercare Dio è la ragione esistenziale dell'uomo e se Lui non esistesse non vi sarebbe neppure la domanda sul perché delle cose e sul senso della nostra vita, per cui è Dio stesso che incute nell'uomo codesta sete di verità implacabile, come dice anche il profeta Amos: "Ecco verranno giorni - dice il Signore - in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane, né sete d'acqua, ma d'ascoltare la parola del Signore." (Am 8, 11).
Vi possono essere casi di siccità e di penuria per le quali, secondo un determinato detto, "cerchiamo pozzi per non morire di sete", cioè per soddisfare definitivamente il nostro fabbisogno idrico. E l'uomo proprio di questo ha bisogno nella sua inopia spirituale: non tanto di acqua, ma di pozzi. Di profondità artesiane alle quale attingere per appagare la sua inconsapevole sete del divino e dell'assoluto. Ma chi può soddisfare una simile necessità se non l'Assoluto medesimo che diventa relativo a beneficio dell'uomo? Chi può insomma dissetare l'uomo se non Dio stesso, che è allo stesso tempo fonte e acqua? Finché l'uomo scava i propri pozzi servendosi di elementi effimeri, provvisori e caduchi, non giungerà mai a soddisfare se stesso; se invece egli si lascia dissetare da Dio, avverrà l'eclissi di sete.
Nell'antico nomadismo di cui ci ragguaglia la Genesi anche a proposito di Abramo Arameo errante, trovare l'acqua per approvvigionare il bestiame e per dissetare se stessi e i propri compagni era compito dei capi clan, i quali per questo provvedevano a scavare i pozzi. Durante il viaggio di Israele pellegrino nel deserto, Dio provvede l'acqua per il popolo in quel famoso episodio di scaturimento della sorgente sulla roccia dell'Oreb a Meriba: il bastone che era servito per aprire le acque del Mar Rosso e far passare gli Israeliti all'asciutto, adesso colpisce la parete rocciosa per farvi sgorgare un rivolo d'acqua che disseta il gemebondo popolo d'Israele. E' Dio stesso procura l'acqua per alimentare il suo popolo soprattutto nelle situazioni di indigenza e di estrema difficoltà, ma cosa ancora più esaltante è che Dio propone se stesso come Acqua viva i cui fiumi dissetano e soddisfano (Gv 7,37-38).
Ma oltre che come acqua, Dio si propone anche come pozzo, sorgente inesauribile di liquido esaustivo della sete di salvezza dell'uomo e nel suo manifestarsi sotto tali aspetti rende oltre a soddisfare la sete, fa anche in modo che l'uomo abbia sempre sete perché sempre a lui possa attingere: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura, fiumi d'acqua viva scorreranno dal suo grembo" (Gv 7,37-38)
Tale si rivela soprattutto nel suo Figlio Gesù Cristo, Dio fatto uomo, al pozzo di Sicar mentre una donna samaritana si avvicina per attingere acqua. Gesù le domanda: "Dammi da bere" non solamente ai fini di dissetarsi perché stanco e stremato dal cammino e dalla fatica, ma per avere motivo di offrire egli stesso a questa interlocutrice non casuale l'acqua viva che zampilla per la vita eterna. Nonostante sia una Samaritana, esclusa per ciò stesso dalla familiarità con gli Israeliti, Gesù la tratta alla pari, instaura con lei un rapporto familiare e dialogico privo di pregiudizi e di riserve, le offre il meglio della sua amicizia e della sua confidenza. In più la mette anche a raffronto con se stessa invitandola all'introspezione e all'autocritica: "Hai detto bene, non hai marito. Ne hai avuti cinque e quello che hai adesso non è tuo marito." Come nessun altro dei suo conterranei avrebbe mai fatto, Gesù entra in sintonia con la Samaritana perché si sintonizzi con lui e scopra la Verità fondamentale che da sempre sta cercando invano ricorrendo a vie fallaci e questa verità gliela offre non già come speculazione astratta, ma come acqua da bere.
Se Gesù si qualificherà poi (cap. 6) come il "pane vivo disceso dal cielo", adesso ha motivo di presentarsi e di offrirsi come acqua viva, elemento che appaga la sete materiale ed estingue la sete spirituale, la voglia fondamentale dell'uomo. E se così Gesù si mostra ad una donna Samaritana, considerata una peccatrice, quanto più vantaggioso e proficuo sarà il suo rapportarsi con i suoi discepoli, con chi ripone in lui fiducia e speranza....
Gesù vuol farsi mangiare e bere, cioè assumere in tutto per tutto dall'uomo. Se volesse solamente proporsi come pane, sazierebbe la fame e ridarebbe certo sollievo e vigore, ma non soddisferebbe l'uomo completamente, perché la vita sussiste quando c'è l'acqua e pertanto egli si mostra e si manifesta come acqua di vita che zampilla perennemente alla quale qualsiasi uomo può attingere non importa se impuro (Samaritano) o immacolato. Anzi, l'acqua della vita eterna diventa anche lavacro di rigenerazione e di salvezza, poiché nel sacramento del Battesimo, parimenti che nel diluvio universale, essa provvede a lavare ciò che è sordido e a distruggere le macchie per rigenerare alla purità.
Forse è la prima volta che Gesù si qualifica espressamente come con la donna di Samaria alla quale dice: "Sono io (il Messia) che parlo con te", ma fondamentalmente la donna si è lasciata avvincere dal fascino del suo interlocutore e dal suo fare profetico e seppure continua a dubitare e non ne abbia la certezza, ha colto in Gesù il Messia atteso per la salvezza del mondo.
La salvezza che le si offre sotto forma di liquido prezioso.
Come si è detto tuttavia noi necessitiamo di pozzi ancor prima che di acqua perché il nostro dissetarsi sia continuo; la presenza del Signore Risorto che nello Spirito accompagna il nostro cammino marcandone tutte le nostre tappe è garanzia che vi sia per noi un pozzo ancora più grande di quello di Giacobbe.

sabato 15 marzo 2014

II DOMENICA DEL TEMPO DI QUARESIMA


Il suo volto brillò come il sole

+ Dal Vangelo secondo Matteo  Santi di oggi

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

Parola del Signore

Omelia

La parola chiave della liturgia odierna è il verbo “ascoltare”. La prima e la terza lettura hanno entrambi due luoghi di avvenimento come il monte. Secondo la tradizione biblica il monte è il luogo dove Dio si rivela all'uomo attraverso la Sua parola. Il monte è luogo della manifestazione di Dio: Abramo salì sul monte per sacrificare suo unico figlio Isacco e là incontrò Dio come provvidenza.(Gen 22,14) Anche il servo di Dio Mosè sul monte Sinai ha ricevuto le Tavole della Legge.(Es 24,18) Sul monte Sinai il volto di Mosè si e trasfigurato.(Es 34,29) Oggi Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte e si dimostra la più alta manifestazione di Dio non solo da guardare o contemplare ma anche da ascoltare: questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo (vangelo). Ogni rivelazione di Dio richiede una giusta e dovuto risposta di fede. E la fede nasce dall'ascolto della parola di Dio, “la fede viene dall'ascolto e l'ascolto riguarda la parola di Cristo”( Rm 10,17).

Gesù prima della Sua morte ha preso con sé questi Apostoli e salito sul monte si trasfigurò davanti ai loro occhi. Questo vangelo è ricco di simboli:

  • La trasfigurazione di Gesù è la manifestazione della Sua gloria, della Sua divinità e maestà. L’evangelista Luca ci racconta che Gesù salì sul monte a pregare, mentre pregava il Suo volto cambia di aspetto...(Lc 9,29). E davanti a questa teofania (letteralmente significa manifestazione della divinità forma sensibile) Pietro, Giacomo e Giovanni s’illudono di essere già arrivati alla Pasqua senza il calvario ma la visione dura solo un momento e Pietro prendendo parola come di solito disse a Gesù: Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia. Ed ecco Luca che narra “Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme”(Lc 9,30-31). Gesù ricorda loro che non c’e` gloria senza croce: mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti. La trasfigurazione di Gesù non era destinata agli occhi di chiunque. Solo Pietro, Giacomo e Giovanni, cioè i tre discepoli cui Gesù aveva permesso in precedenza di rimanere con Lui mentre ridava la vita ad una fanciulla hanno contemplato lo splendore glorioso di Cristo. Proprio loro stavano per sapere cosi che il Figlio di Dio sarebbe risorto dalla morte, proprio loro sarebbero stati scelti, più tardi da Gesù ad essere con Lui al Getsemani. Sul monte Tabor Gesù rivela la Sua divinità finora velata dalla Sua umanità.
  • Presenza di Elia e Mosè: simboleggia la legge e i profeti che hanno annunciato la venuta del Messia, la Sua passione e glorificazione. Il dialogo tra i tre personaggi: Gesù, Elia e Mosè mostra Gesù come l'ultima parola di Dio. La trasfigurazione rivela che Gesù è il Messia promesso e il legislatore del nuovo popolo di Dio. Mentre contemplavano i tre apostoli, la gloria e la maestà divina, la voce dall'alto li invita ad ascoltare Gesù il Figlio amato. Questa è quella stessa voce che ha parlato al fiume di Giordano dicendo: "questi e' il figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo", perché la fede cristiana non è vera e solida se non se nutre della parola di Dio, non si confronta con essa, se non si vive di essa.
La trasfigurazione di Gesù è un segno e una meravigliosa profezia perché Gesù Cristo, alla fine del mondo, trasfigurerà anche il nostro corpo mortale a somiglianza del Suo corpo glorioso.   





domenica 9 marzo 2014

I DOMENICA DEL TEMPO DI QUARESIMA


Gesù digiuna per quaranta giorni nel deserto ed è tentato.  

+ Dal Vangelo secondo Matteo  Santi di oggi

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Parola del Signore

OMELIA

Carissimi siamo già nel tempo di quaresima! E la liturgia ci rivela che siamo mortali e fragili peccatori. La Quaresima è il tempo forte e speciale dell'anno liturgico ha una durata di quaranta giorni (esclusi le domeniche del tempo di Quaresima). È il tempo di conversione, di riconciliazione, di penitenza e di perdono significato nel simbolo delle ceneri della liturgia del mercoledì delle ceneri," convertitevi e credetevi al Vangelo".

La Quaresima è il tempo favorevole, " è per eccellenza il tempo di salvezza". Il tempo di Quaresima ha inizio il mercoledì delle ceneri e termina la sera del giovedì santo.
Gesù nel Vangelo ci ha proclamato il cuore dell'annuncio del cammino quaresimale: "convertitevi e credetevi al vangelo". L'evangelista Marco ci narra brevemente la tentazione di Gesù nel deserto. Matteo e Luca invece hanno elaborato tre scene nei loro racconti della prova di Gesù da Satana nel deserto dove troviamo le armi con cui Gesù ha combattuto il tentatore. Il Vangelo odierno ci ha lascia come esempio le armi per sconfiggere il principe nemico di questo mondo, Satana. Come Gesù anche noi siamo tentati, ciò che fa migliore satana è tentare e fa cadere i credenti nel peccato e poi li accusa. Gesù è stato forte nella battaglia contro la tentazione e come Lui anche noi possiamo combattere la tentazione con la preghiera, il digiuno, e la parola di Dio. "La vittoria di Gesù sul tentatore nel deserto anticipa la vittoria della passione..."(CCC 539)
Perché l'uomo è fragile a causa del peccato, Gesù il Vincitore Glorioso del male ci indica le classiche opere di pietà come uno stile di vita nel nostro cammino Quaresimale quest’ anno: l'elemosina, la preghiera e il digiuno. Le pratiche di queste opere di pietà in questo tempo di grazia ci rafforza nella lotta contro la tentazione, l'egoismo, il mondo con le sue ideologie e false filosofie.

Facciamo attenzione all'astuzia del tentatore, che mette alla prova il Figlio di Dio cercando di piantare nel Suo Cuore il dubbio. Il tentatore inizia dalla verità rivelata dal Padre nel fiume Giordano: la figliolanza, “se tu sei Figlio di Dio”, poi passa al bisogno più necessario dell’ uomo (cibo), alla prova di Dio o meglio dire alla sfida di Dio e infine al bisogno di gloria e ricchezza (il mondo e i suoi inganni). Deforma la parola di Dio, “se tu sei Figlio di Dio”, è vero che Dio ha detto, non dovete mangiare di alcun albero del giardino”? Dio infatti aveva detto: “del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino...Non dovete mangiarne … altrimenti morirete”. Cercando di confondere Eva fa credere a lei che Dio non dice la verità assoluta: “Non morirete affatto”! se mangiate il frutto del albero proibito. Il tentatore deformando la parola di Dio lo presenta ad Eva e al mondo di oggi non come Dio creatore ma come un Dio che ci costringe e non ci lascia liberi. Infatti in ogni inganno del mondo odierno Dio è presentato come nemico dell'uomo e l'interdizione motivata dalla cura di Dio per l'uomo diventa repressione della creatura a opera del creatore. Nelle tentazioni di Adamo ed Eva e di Gesù si trova il modello di ogni prova e peccato. E si scoprire che la tattica del serpente antico è quella vecchia che non si cambia mia.

Armiamoci con la preghiera, il digiuno, e la parola di Dio. Dunque carissimi, “rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l'armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il Vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio”. (Efesini 6,10-17) Qualcuno giustamente scrisse che sono molti i vantaggi della tentazione superata con l'aiuto di Dio: umilia Satana, fa risplendere la gloria di Dio, purifica la nostra anima, ci obbliga a stare sempre vigili, diffidando di noi stessi e sperando tutto da Dio.

Marco ci rivela nel Vangelo odierno che il mistero del male non si spiega solo con la ragione umana come spiega la presenza del serpente nel racconto del peccato originale nel libro della genesi e della presenza di satana nella tentazione di Gesù oggi. Tanti dubitano l'esistenza dell'ingannatore e questo implica lasciarsi vincere dalla raffinata astuzia del tentatore e "l’accusatore dei nostri fratelli, che li accusava dinanzi all’ Iddio nostro, giorno e notte"(Apocalisse 12:7-12).

Per concludere non scordiamo che ogni venerdì di Quaresima c'è in chiesa alle ore 16,30 la via crucis che ci fa riflettere la passione e morte di Gesù sulla croce. Percorrere insieme a Lui le Stazioni della via Crucis sostiene il nostro coraggio nel lottare contro la tentazione .



domenica 2 marzo 2014

VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Non preoccupatevi del domani

+ Dal Vangelo secondo Matteo  Santi di oggi

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».

Parola del Signore

Omelia

Come nella vita quotidiana facciamo alcune scelte, cosi Gesù ci invita a fare nella vita di fede, perché la vita cristiana è uno stile di vita, un modo di essere e di vivere, una scuola di vita che non cambia e che si riconosce. La scelta da fare oggi è di preferire Dio al di sopra di ogni altra cosa e di confidare nella Sua Divina Provvidenza. Non scegliere Dio e non metterlo al centro della vita è uno dei problemi più grande di questo secolo.  Gesù per ribadire il fatto che Dio è il centro e al centro di ogni uomo inizia con una delle Sue sentenze più conosciute: “Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro,  oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza”.(Vangelo) Nelle vecchie traduzioni del vangelo veniva usata la parola "mammona" e non la parola ricchezza. Gesù continua a dire: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?...Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena (Mt 6,25,34).
La parola “mammona” un termine di origine siro-caldaica significa ricchezza, una ricchezza ammucchiata e nascosta, adoperata nell'uso comune per indicare la ricchezza divinizzata ed adorata come idolo.( Giovanni Lardone)
Gli studiosi affermano che “mammona” significa qualcosa che ha, la capacita di proporsi e imporsi come idolo, tutto ciò che è senza essere Dio, ci può asservire.
“Nessuno può servire due padroni...Non potete servire Dio e la ricchezza”. Gesù non dice: non potete avere Dio e ricchezza, intendeva a dire non potete dedicarvi con tutta l`anima e con tutta la forza nel servizio di Dio e nell' ammucchiamento del denaro con la stessa energia.
Da notare è che l'avidità del denaro è idolatria, “Quelli invece che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nell'inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione. L'avidità del denaro infatti, è la radice di tutti i mali; presi da questo desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti” (1Tim 6,3-10) ammonisce Paolo; è per la divinizzazione del denaro che Gesù ci ha domandato “quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? ”(Mt 16,26).  Gesù stesso ci consiglia dicendo, "Non vi fate tesori sulla terra, ove la tignola e la ruggine consumano e, dove i ladri sconficcano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, ove né tignola né ruggine consumano e, dove i ladri non sconficcano né rubano"( Mt 6:19-20). “Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”( Mt 6,33). “I credenti, purtroppo, non si danno sempre tanta pena per il Regno. Riconosciamolo! Questa è la lezione da intendere dalla parabola del truffatore .

“Non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?” Con queste parole Gesù ci invita ad abbandonarci alla fede nella Divina Provvidenza. Gesù non ci insegna a vivere una vita senza piani o senza pensare al domani; egli anzi ci insegna la verità fondamentale della fede, "Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori. Se il Signore non vigila sulla città, invano veglia la sentinella. Invano vi alzate di buon mattino e tardi andate a riposare, voi che mangiate un pane di fatica: al suo prediletto egli lo darà nel sonno" (Salmo 127:1-2). I progetti della nostra vita quindi, la sicurezza e il benessere in futuro devono iniziare con la nostra sottomissione totale a Dio. Se Dio si prende cura e provvede per le creature inferiori come l'erba del campo e gli uccelli del cielo, quanto più ha cura di noi che siamo fatti a sua immagine e somiglianza? “Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature”.( Salmo 145,9)
Gesù disse che “il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno”, quindi ci invita a non preoccuparci di nulla. Nulla ci deve turbare. “Why worry when you can pray? Trust in Jesus …” cantava l`americano John W. Peterson di Lindsborg, Kansas.
Questo canto gospel dice “perché ti preoccupi invece di pregare? Affidati a Gesù...”. Questo canto inglese esprime l'insegnamento di Gesù che oggi ci dice “chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?”. Si spende più tempo preoccupando con ansia dei problemi. Allora Dio ci sta dicendo oggi “non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presente a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti...(Filippesi 4,6). “A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che opera in noi...” (Efesini 3,20) Dio non si scorda mai di uomo. “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato, le tue mura sono sempre davanti a me”.( Isaia 49,15-16) Proprio a te che ti preoccupi del lavoro, dei figli, del tuo futuro, della tua salute, di tuo marito, di tua moglie, Dio ti sta dicendo” non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato”. Ora non è il tempo dell’ ansia,  della disperazione e preoccupazione ma di affidarsi alla provvidenza, e alla preghiera.