domenica 27 ottobre 2013

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Il Pubblicano tornò a casa giustificato a differenza del fariseo

+ Dal Vangelo secondo Luca  Santi di oggi

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Parola del Signore

Omelia

Possiamo intitolare la liturgia della parola di oggi, l'illusione di essere giusto. Se domenica scorsa la liturgia ci invitava a perseverare in preghiera, oggi ci invita non solo a pregare ma ci insegna come pregare: dobbiamo pregare in umiltà, riconoscendo i nostri limiti, imperfezioni e mancanze.
Gesù condanna nel vangelo la superbia di chi si crede di essere giusto e mostra la sua preferenza quello peccatore che confessa con umiltà sincera le sue mancanze.
La parabola di oggi è semplice. Ci sono due personaggi: il fariseo e il pubblicano. Tutti e due salirono al tempio forse nell`ora di preghiera. Un`occhiata alle due figure del vangelo:
  1. Il fariseo. Alcune caratteristiche:
Zelanti osservanti della legge, esternamente conducevano una vita esemplare, si giustificano da soli anche davanti a Dio come visto nel vangelo, l'opinione loro è norma per gli altri. Alcuni di loro erano sacerdoti e leviti.
Il fariseo è il modello della religiosità della nostra epoca, una religiosità senza spiritualità ossia senza Dio. Una religiosità che racconta come si possa essere giusti, religiosi, perfetti e nello steso tempo lontano da Dio.
Il racconto evangelico di oggi ci fa vedere nel fariseo  un ebreo perfetto e fedelissimo alla legge di Dio ma orgoglioso e pretenzioso di essere giusto. L'orgoglio lo spinge a sentirsi giusto e a disprezzare il pubblicano.
Anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per questo sono giustificato”(1 Cor. 4,4). “Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi”(1 Gv. 1, 8-10).
“Dobbiamo oggi apprendere nuovamente la capacita di riconoscere la colpa, dobbiamo scuoterci di dosso l'illusione di essere innocenti”( Benedetto XVI).

  1. Il Pubblicano:
Il vangelo ci fa notare che erano esattori delle tasse quindi amico di Roma e il nemico degli ebrei, disprezzati ( vangelo di oggi) ma erano generosi e ospitali. Hanno creduto alla predicazione di Giovanni Battista e furono battezzati. Ascoltavano con attenzione la predicazione di Gesù

I due personaggi sono credenti, fanno parte della stessa religione e sono ebrei. Sono saliti al tempio a pregare: la preghiera ufficiale si faceva due volte al giorno, alle 9,00 e alle 15,00. La preghiera del fariseo, anche se è lunga, torna a casa non giustificato, non perdonato. Ecco la preghiera farisaico: stando in piedi con lo sguardo alzato verso il cielo, ringrazia Dio e poi giustifica se stesso e con superbia disprezza l'altro suo fratello. E nella seconda parte della sua preghiera esalta se stesso dicendo “digiuno due volte alla settimana”, quindi nel digiunare va oltre la prescrizione legale. Continua dicendo pago le decime ( per il mantenimento del tempio, sacerdoti e i poveri). Tutto ciò che dice è eppure torna a casa non esaudito e giustificato. Questo fariseo e davvero bravo moralmente come tanti cristiani moralmente corretti. Solo pochi cristiani oggi saranno in grado di osservare la legge come lui. Uno può essere moralmente giusto davanti la legge ma non per questo è salvato. Ricordiamoci del giovane ricco che aveva la capacità di osservare tutti i comandamenti e Gesù lo informa che a lui manca l'amore per i poveri.
Il pubblicano invece rimasto all'ultimo banco quasi alla porta del tempo non sentiva di essere degno di avvicinare l'altare. E non alzando gli occhi al cielo batte il petto dicendo: “ Signore abbi pietà di me peccatore”. Sperava nell'amore di Dio che salva mentre il fariseo era convinto di essere salvato in forza e per i meriti del suoi opere.
Due modi di vivere la fede e due modi credere in Dio. “Il peccato del fariseo è credere che attraverso la sua preghiera, il sacrificio e le opere egli trovi salvezza presso Dio, ma dimentica che la salvezza è un dono”. La preghiera del pubblicano ci fa  sentire oggi la voce di Dio che ci chiama alla conversione.



domenica 20 ottobre 2013

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui

+ Dal Vangelo secondo Luca  Santi di oggi

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Parola del Signore

Omelia

La liturgia della parola che oggi stiamo meditando ha come temi: la preghiera e la fede. La preghiera è strettamente legata alla fede e non si prega senza la fede come pure non c` è fede senza preghiera.“La parola fede, nella lingua semitica in cui si esprimeva Gesù, significa fermezza e certezza, sicurezza e fiducia. Richiama alla mente non tanto un'idea ma un figura: la figura del bambino che sta saldamente e fiduciosamente in braccio a sua madre. Aver fede, per Gesù, significa lasciarsi portare in braccio da Dio.”(Messale delle Domeniche e Feste) Forse i primi cristiani hanno capito meglio di noi oggi, dell'importanza di fede e di preghiera. Nelle catacombe di Roma è stata scoperta un'immagine che raffigura un cristiano che con le mani alzate prega. Un'immagine eloquente più delle parole, che ci ricorda che il cristiano è anche colui che prega. Per i santi vivere è pregare, pregare e vivere, e non sentivano di avere mai pregato abbastanza.
La prima lettura ci presenta il popolo di Dio che uscendo dalla schiavitù d'Egitto per pendere il possesso della terra promessa affrontano una battaglia contro gli Amaleciti e l'unica carta vincente è la preghiera insistente di Mosè. Quando per stanchezza Mosè abbassa le mani, avanzano e vincono i nemici mentre quando rialza le mani “la forza di Dio torna tra i combattenti d'Israele”; « Spesso dico alle persone che si deve pregare anche nella tribolazione, nell'afflizione». Nella difficoltà è necessario mantenere e lottare di più come Mosè; ma non si riesce a combattere sempre nella prova di vita. Eppure, la parola di Dio, ci invita oggi a pregare senza stancarsi mai. Questa insistenza mostra che c’è fede, e Dio esaudisce perché chi insiste e grida di più nella prova non fa altro che aggrapparsi a Dio. Colpisce la fede del cieco mendicante di Gerico che non si lasciò vincere dalla paura degli uomini ma gridò sempre di più: ''Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio, e tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.'' (Lc 18,35-43) Dio ricompensa una fede che cresce sempre di più e che chiede senza stancarsi, senza venire meno. La disperazione è il primo nemico della fede e di preghiera.
La preghiera è vitale come il respiro. Il cristiano che non spende tempo significativo in preghiera perde le grazie di Dio. Tale cristiano che non prega perde le cose più belle che solo Dio dona. San Paolo cattura l'insistenza nella preghiera cosi: ''pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.''( 1 Tessalonicesi 5,17-18) ''Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera''. (Rm.12,12)  Giacomo sull'insistenza nella preghiera disse: ''Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto''.(Gc 5,16) La preghiera è la chiave di vittoria, di successo e di maturità spirituale.
Il Signore Gesù, nel vangelo invita spesso a pregare dicendo '' vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà''.(Mc 11,24) '' Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete''. (Mt 21,22) '' Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò''.(Gv 14,13-14) Allora pregano coloro che hanno la fede perché la fede e la preghiera sono come una medaglia con due facce. L'una non esiste e non può esserci senza l'altra. Dio è contento di darci quello di cui abbiamo bisogno ma dobbiamo chiedere perché chiedendo il Padre sia glorificato nel Figlio.
Con la parabola del giudice iniquo e la vedova importuna, Gesù oggi insegna l'importanza di pregare sempre e con insistenza. A questo punto facciamo la domanda: cosa è la preghiera?
La preghiera è stare in presenza di Dio anche in silenzio senza parole, è dialogare con Dio come Abramo, la preghiera è lodare e ringraziare Dio, presentare le nostre richieste e quelle degli altre. Preghiera è comunione con Dio, è una relazione personale e filiale con Dio. Si può pregare abbastanza? Ho sentito i cristiani che non pregano criticare quelli che si mettono in ginocchio e alzano gli occhi della fede al cielo chiamandoli cristiani fanatici. Gesù pregava in luoghi deserti (Lc 5,16) e  al mattino presto si alzò quando era ancora buio e uscito si ritirò in un luogo deserto, e là pregava.( Mc 1, 35) Per compiere i miracoli pregava Gesù, Sulla croce ha pregato, prima di scegliere i 12 Gesù ha pregato, la notte prima della Sua passione Gesù ha pregato. E Gesù racconta oggi una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai. (Lc 18,1-8) Allora la preghiera deve essere per noi come un respiro. Ogni luogo è adatto per la preghiera come ogni occasione.  La Regina della Pace disse: ''Pregate, pregate, pregate. Pregate perché la preghiera diventa per voi come un respiro. Con la preghiera potete fermare anche la guerra. Queste sono le parole della donna orante che ancora intercede per noi come avvocata presso suo Figlio Gesù''. Una forma di preghiera che il cielo desidera che riprendiamo e il Santo Rosario. ''Attraverso il Rosario si può ottenere tutto. Secondo un grazioso paragone, è una lunga catena che collega il Cielo e la terra: una delle estremità è nelle nostre mani e l'altra in quelle della Beata Vergine. Finché il Rosario sarà recitato, Dio non abbandonerà il mondo, perché questa preghiera agisce potentemente sul suo cuore; è come il lievito che può rigenerare la terra. La dolce Regina del Cielo non può dimenticare i suoi figli che, incessantemente, cantano le sue lodi. Non esiste nessuna preghiera che sia più gradita a Dio, del Rosario. Anche la Chiesa ci invita ad andare a recitarlo ogni sera nel mese di ottobre,
davanti a Gesù veramente presente ed esposto sull'altare''.(Santa Teresa del Bambino Gesù)
Vi riporto alcuni insegnamenti Mariani sulla preghiera. ''Figli miei, pregate! Non posso dirvi altra cosa che questa: pregate! Sappiate che nella vita non c’è cosa più importante della preghiera.
Messaggio del 9 febbraio 1984 (Messaggio dato al gruppo di preghiera) ''Quando pregate, dovete dedicare alla preghiera un tempo più lungo, perché la preghiera è un colloquio con Dio. La preghiera vi fà vedere tutto più chiaro. La preghiera vi fà sperimentare la gioia vera. La preghiera vi insegna a piangere. La preghiera vi fà fiorire. La preghiera non è uno scherzo, è un vero colloquio con Dio. Quanti sarebbero felici di sapere cos’è la preghiera! Voi adesso lo sapete: provate a praticarla''. Messaggio del 20 ottobre 1984 (Messaggio dato al gruppo di preghiera) '' Cari figli, di nuovo oggi desidero invitarvi alla preghiera. Quando pregate, voi siete molto più belli: come i fiori che dopo la neve mostrano tutta la loro bellezza e tutti i colori diventano indescrivibili. Così anche voi, cari figli, dopo la preghiera mostrate davanti a Dio tutta la bellezza per divenirgli cari. Perciò, cari figli, pregate e aprite il vostro interno al Signore perché Lui faccia di voi un armonioso e bel fiore per il Paradiso...'' (Messaggio del 18 dicembre 1986)''Quando pregate, raccoglietevi, cercate di rimanere immobili, nella pace. Chiudete gli occhi oppure guardate la croce o un’immagine sacra. Durante la preghiera non gridate, piuttosto pregate con voce bassa, in modo che lo spirito sia più forte della vostra voce. Anche il canto è preghiera, ma cantare semplicemente non basta: occorre mettere tutto il cuore in ogni canto. Le vostre tensioni mettetele coscientemente nelle mani di Dio. Nulla deve disturbarvi. Anche le preoccupazioni e le distrazioni offritele a Gesù e non nascondete niente davanti a lui. Questa è la vera preghiera del cuore!''Messaggio del 10 novembre 1984 (Messaggio dato al gruppo di preghiera) ''Quando sentite fiacchezza nella vostra preghiera, non vi fermate ma continuate a pregare con tutto il cuore. E non date retta al corpo, ma raccoglietevi completamente nel vostro spirito. Pregate con forza ancora maggiore così che il vostro corpo non vinca lo spirito e la vostra preghiera non sia vuota. Tutti voi che sentite fiacchezza nella preghiera, pregate con maggior ardore, lottate e meditate su quello per cui pregate. Non lasciate che nella preghiera vi inganni un qualunque pensiero. Allontanate tutti i pensieri, eccetto quelli che uniscono me e Gesù a voi. Scacciate gli altri pensieri con i quali Satana vuole ingannarvi e portarvi lontano da me.''Messaggio del 27 febbraio 1985 (Messaggio dato al gruppo di preghiera) Questi sono alcuni messaggi di Maria a Medjugorje.






domenica 13 ottobre 2013

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero.

+ Dal Vangelo secondo Luca  Santi di oggi

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Parola del Signore

Omelia

Le letture di oggi ci riportano i miracoli fatti ai lebbrosi. La prima lettura narra nel libro dei Re, della guarigione di Nàaman (in ebraico significa "piacevolezza"). Nàaman, capo dell'esercito del re di Aram, era un personaggio autorevole presso il suo signore e stimato, perché per suo mezzo il Signore aveva concesso la vittoria agli Aramei, ma quest' uomo prode era lebbroso ( 2 Re 5,1). Fu capo dell'esercito arameo di Ben-Hadad II al tempo di Joram, re di Israele. Una piccola fanciulla schiava ebrea, che era finita al servizio della moglie di Naaman le disse, ”Se il mio signore potesse andare dal profeta che è in Samaria, certamente egli lo libererebbe dalla sua lebbra!”( 2 Re 5,3). All`ordine del profeta Eliseo, Naaman, malato di lebbra, è guarito mentre si lavava sette volte nel Giordano. Gli esperti della bibbia commentano che questo fatto è un preludio misterioso del battesimo, con cui l'uomo peccatore è purificato dal peccato.
Nel vangelo il Signore Gesù guarisce dieci ammalati di lebbra. Uno di essi è samaritano e altri ebrei. I samaritani erano odiati dagli ebrei, ( Gv 8,48) e “i Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani”( Gv 4,9). Molti dei samaritani credettero in Dio (Gv 4,39-42), all`origine del litigio tra di loro e i Giudei, infatti, non hanno rapporti con i Samaritani,  anche il fatto che “il re d'Assiria mandò gente da Babilonia, da Cuta, da Avva, da Camat e da Sefarvàim e la stabilì nelle città della Samaria al posto degli Israeliti. E quelli presero possesso della Samaria e si stabilirono nelle sue città, ”( 2 Re 17,24) Eppure questi dieci uomini accomunati dalla lebbra si sono associati.
Questa malattia è simbolo di peccato che colpisce tutti gli uomini di ogni lingua e razza. Il fatto di guarire Naaman e l'altro samaritano rivela il carattere universale della salvezza. Sia nella prima sia nel vangelo, i samaritani si sono mostrati più umani e più grati dei Giudei. E noi che siamo sempre in chiesa, siamo più bravi di quelli che non hanno ancora sentito l`amore di Dio? Siamo meglio di coloro che pur essendo cristiani; non praticano la fede? Entrambi i samaritani hanno saputo rendere grazie a Dio. I nove ebrei sanati ritornarono a casa loro ciascuno senza rendere grazie a Dio, forse perché pretendevano di essere stati sanati per la loro condotta. Questo tempo la malattia, particolarmente la lebbra era considerato come punizione da Dio per i peccati commessi. Probabilmente per questo i nove ebrei non hanno visto il motivo per dare lode a Dio. Mentre il samaritano Lo ringrazia. Il ringraziamento o le lodi è una forma di preghiera, che riconosce Dio come Dio e la lode perché EGLI E' e non per il bene che ha fatto. Dio vuole il nostro ringraziamento ma chi si ricorda di dire grazie a Dio per il cibo, per il marito, moglie, i figli... la preghiera liturgica, proclama: «Tu non hai bisogno della nostra lode, ma per un dono del tuo amore ci chiami a renderti grazie. I nostri inni di benedizione non accrescono la tua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva (Prefazio IV). Questa preghiera ci fa capire l'importanza del ringraziamento a Dio. I comportamenti dei due samaritani sono un invito anche per noi alla riconoscenza per i doni ricevuti.
La liturgia Eucaristica (eucaristia vuol dire ringraziamento), la nostra Santa Messa è il ringraziamento per eccellenza a Dio. Perché Dio si dona a noi, Dio s' incarna per darci la Sua vita eterna, per darci ora sulla terra la Sua Divinità,  e “Gesù di Nazareth, il quale passò beneficando e risanando tutti...”(Atti 10,38) anche te alla tua famiglia chiede oggi:“e gli altri...dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio...” La domenica, il giorno del Signore è il giorno di riposo ma anche di culto, di ringraziamento.



domenica 6 ottobre 2013

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Se aveste fede!

+ Dal Vangelo secondo Luca  Santi di oggi

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Parola del Signore

Omelia

Questa domenica la liturgia della parola ci parla di due cose: la fede in Dio e il servizio disinteressato ai fratelli. E’ comune alle tre letture di oggi la fede.
Il profeta Abacuc intorno al 600 a.C. lamenta a Dio per il male che vede nel paese. Il profeta era a conoscenza della brutta esperienza d'Israele nel tempo che regnò Ioiakìm padre di re Ioiachìn. Per il peccato di Ioiakìm Dio disse “Certo verrà il re di Babilonia e devasterà questo paese e farà scomparire da esso uomini e bestie? Per questo dice il Signore contro Ioiakìm re di Giuda: Egli non avrà un erede sul trono di Davide; il suo cadavere sarà esposto al calore del giorno e al freddo della notte. Io punirò lui, la sua discendenza e i suoi ministri per le loro iniquità e manderò su di loro, sugli abitanti di Gerusalemme e sugli uomini di Giuda, tutto il male che ho minacciato, senza che mi abbiano dato ascolto.”(Ger 36,27-31) “Quando divenne re, Ioiachìn aveva diciotto anni; regnò tre mesi a Gerusalemme ... Fece ciò che è male agli occhi del Signore, come aveva fatto suo padre”. ( 2 Re 24,8-9) Ioiachin fu deposto a Babilonia dove mori' di vecchiaia. “Evil-Merodàch re di Babilonia, nell'anno della sua ascesa al regno, fece grazia a Ioiachìn re di Giuda e lo fece uscire dalla prigione”. ( Ger 52,31)
Il profeta Abacuc implora Dio contro le violenze e le ingiustizie. E domandò a Dio: “Perché mi fai vedere l'iniquità e resti spettatore dell'oppressione?” (Abacuc 1,3) Ma Dio lo disse: “il giusto vivrà per la sua fede”. In un'altra parola Dio lo invita a confidare nel suo potere ed attendere con fede la liberazione di Dio, perché “la vittoria che ha vinto il mondo è la nostra fede.”(2 Gv 5,4)
La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede”. (Ebrei 11,1) La fede è il dono di Dio (Rm 12,3) e la Sua opera (At. 11,19-23) L'uomo chiunque sia, anche nella difficoltà non si scorda che “a Dio che si rivela è dovuta l'obbedienza della fede con la quale l'uomo si abbandona a Dio tutt' intero liberamente...” ( concilio Vaticano II, costituzione Dei verbum, n. 5). L'abbandono in Dio è la fede che salva da ogni male. Non dobbiamo ridurre la fede cristiana a un assenso intellettuale o una serie di enunciati che riteniamo di essere veri. La fede invece è fidarsi in Dio che si fa sentire e si rivela quotidianamente e alle sue promesse.
Dopo la denuncia della “ricchezza disonesta” e dopo avere sentito del pericolo della ricchezza gli apostoli chiesero a Gesù di aumentare la loro fede, perché si sono accorti che il distacco dalle cose è possibile solo per chi ha fede in Dio. “La parola fede, nella lingua semitica in cui si esprimeva Gesù, significa fermezza e certezza, sicurezza e fiduciaRichiama alla mente non tanto un'idea ma un figura: la figura del bambino che sta saldamente e fiduciosamente in braccio a sua madre. Aver fede, per Gesù, significa lasciarsi portare in braccio da Dio.”(Messale delle Domeniche e Feste) Alla richiesta degli apostoli Signore, “accresci in noi la fede” Egli disse loro e a noi “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.” Alla donna peccatrice Gesù ha detto: Ti sono perdonati i tuoi peccati...La tua fede ti ha salvata; và in pace! Pure alla donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, Gesù disse: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male.” La fede che ha ottenuto in questi due casi sono fedi di persone che hanno saputo fidarsi, buttarsi nelle mai di Gesù come bambine. Gesù pronuncia una nuova beatitudine: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!” (Gv 20,29) Questa beatitudine è pronunciata all`uomo razionale di oggi, che se no vede e non tocca no crede. E la domanda di Gesù “quando il Figlio dell’uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?”(Lc 18, 8) ci fa pensare oggi.
E con le parabole di oggi Gesù ci dice che la fede di chi crede deve manifestarsi nelle opere fatte per amore di Dio e del prossimo. La nostra testimonianza e apostolato deve essere fatta senza pretendere nulla, prestigio o ricompensa. Dobbiamo fare della nostra vita e fede un servizio umile e disinteressato a Dio e ai fratelli. Perché siamo servi inutili!